Figure retoriche

FIGURE RETORICHE

Le figure retoriche sono le forme verbali più apprezzate ed usate. E’ possibile fare una distinzione tra figure retoriche di pensiero, di significato e di parola sono delle forme verbali di efficacia cominicativa notevole. Vale la pena conoscerne alcune per arricchire il proprio linguaggio.

Le figure retoriche più gettonate sono:

Sinèddoche

Sostituzione di un termine con un altro che ha con il primo un rapporto di quantità.
Si può sostituire ad esempio:
la parte per il tutto “arrivano le vele”
il tutto per la parte “pelliccia di visone”
il genere per la specie “i comuni mortali”
la specie per il genere “il pane quotidiano”
il singolare per il plurale “non passa lo straniero”

Antonomàsia

Uso di un nome comune, un epiteto o una perifrasi al posto di un nome proprio, per esprimerne una qualità caratterizzante:
Il Cavaliere ( Berlusconi)
Il rottamatore ( Renzi)
Oppure l’uso di un nome proprio al posto di un nome comune:
Un Casanova (un rubacuori)
Un Einstein ( un genio)

Eufemismo

Perifrasi usata per attenuare un’espressione troppo cruda, dolorosa o volgare.
É passato a miglior vita (per non dire “è morto”)
Non è molto gentile (per non dire che “è sgarbato”)

Ipèrbole (forme verbali)

Esagerazione, per eccesso o per difetto.
Esempi

É un secolo che non ci vediamo.
Era da una vita che volevo dirtelo.

Metàfora

Sostituzione di una parola con un’altra il cui senso letterale ha una qualche somiglianza col senso letterale della parola sostituita.
Es.: capelli d’oro per capelli biondi
Tradizionalmente la metafora è considerata una similitudine abbreviata.

Perìfrasi (circonlocuzione)

Sostituzione di un solo termine con un “giro di parole”, o una definizione, o una parafrasi.
La gloria di colui che tutto move (di Dio)

Altre figure retoriche sono:

Allitterazione

Consiste nella ripetizione di una lettera, di una sillaba o più in generale di un suono all’inizio o all’interno di parole successive (Coca Cola, Marilyn Monroe, Deanna Durbin, Mickey Mouse).

Pone l’attenzione sul legame fonico che lega più parole.

Esempio: “…di me medesmo meco mi vergogno e del mio vaneggiar vergogna è ‘l frutto…” (Petrarca)
allitterazione della lettera “m” e della lettera “v”.

Anacolùto

“Rottura” della regolarità sintattica di una frase.

Esempio:
Quelli che muoiono, bisogna pregare Iddio per loro.

Anadiplosi (raddoppiamento)

Consiste nella ripetizione di uno o più elementi terminali di un segmento di discorso,
all’inizio del segmento successivo.

Esempi:
“…Ma passavam la selva tuttavia.
La selva, dico, di spiriti spessi…” (Dante)
“Più volte Amor m’avea già detto: Scrivi,
scrivi quel che vedesti in lettre d’oro,…” (Petrarca).

Anàfora (iterazione)

Consiste nel ripetere una o più parole all’inizio di segmenti successivi di un testo (periodi, sintagmi, frasi), per sottolineare un’immagine o un concetto.

Esempi:
“sentivo il cullare del mare,
sentivo un fru fru tra le fratte;
sentivo nel cuore un sussulto” (Pascoli)
“Per me si va nella città dolente, per me si va nell’eterno dolore per me si va tra la perduta gente…” (Dante Alighieri)

Anàstrofe (inversione)

Consiste nell’inversione dell’ordine naturale delle parole all’interno di un verso, per dare rilievo ad una parola e ottenere effetti fonici.

Esempi:

“…Sempre caro mi fu quest’ermo colle…” (Leopardi) “…Odono i monti e le valli e le selve e i fonti e i fiumi e l’isole del mare…” (G. D’Annunzio)
Visualizza altre figure retoriche

Asìndeto

Assenza di congiunzioni coordinanti.

Esempio:
Veni, vidi, vici (Cesare)

Chiasmo

Consiste nel disporre, in forma di incrocio gli elementi costitutivi di una frase, in modo da rompere il normale parallelismo delle parole, creando un incrocio immaginario tra due coppie di parole, in versi o in prosa. È quindi un parallelismo capovolto in cui i due elementi del discorso concettualmente paralleli sono disposti in ordine inverso.

Esempi:

“Uno per tutti Tutti per uno” (A. Dumas) si può notare chiaramente la disposizione a X delle parole

Chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha fame

Climax (gradazione)

Espressione di un’idea con più parole aventi un valore gradatamente più intensivo o viceversa.
Consiste nell’accostamento di termini o locuzioni semanticamente affini per perseguire l’effetto di un’intensità espressiva crescente.

Esempio:
Veloce? É un razzo, una scheggia, un fulmine!

Ellìssi

Consiste nell’omettere, all’interno di una frase, uno o più termini che sia possibile sottintendere, per conseguire un particolare effetto di concisione e icasticità o effetti di attesa e di tensione. È molto usata nella narrativa ma anche nella poesia ove riguarda soprattutto il verbo

Esempio:

“…Ai posteri l’ardua sentenza…” omette il verbo ’toccherà’. (A. Manzoni) ”

Endìadi

Espressione di un solo concetto mediante due termini coordinati:

Esempio:
nella strada e nella polvere (= nella strada polverosa)

Epanalèssi

Raddoppiamento di un’espressione, ripetuta all’inizio, o al centro, o alla fine di un segmento testuale.

Esempio:
Vola, colomba bianca, vola…

Figura etimologica

Accostamento di parole aventi la stessa radice:

Esempio:
questa selva selvaggia e aspra e forte (Dante)

Ipàllage

Consiste nel riferire grammaticalmente una parte della frase a una parte diversa da quella a cui dovrebbe riferirsi semanticamente, cioè consiste nell’attribuire a un termine di una frase qualcosa che logicamente spetterebbe a un termine vicino.

Esempi:

“…sorgon così tue dive membra dall’egro talamo…” (dove “egro” (malato) dovrebbe logicamente riferirsi a membra e non a talamo) (Ugo Foscolo)

“…di foglie un cader fragile…” (l’aggettivo fragile è riferito al verbo anzichè al sostantivo foglie) (G. Pascoli)

Ipèrbato

Si realizza inserendo uno o più termini tra parole che sintatticamente andrebbero unite e producendo un andamento irregolare della frase rispetto all’ordine previsto.

Esempi: di figure retoriche di parola

“……mille di fior al ciel mandano incensi…” (U. Foscolo)
“…Sparsa è d’arme la terra…” (T. Tasso) “…a noi prescrisse il fato illacrimata sepoltura.” (U. Foscolo)

Omotelèuto

Ripetizione di sillabe omofone alla fine di più parole della stessa frase.

Esempio:
La rima è un caso di omoteleuto.

 

ossimoro

Figura retorica consistente nell’accostare, nella medesima locuzione, parole che esprimono concetti contrari.
esempio:
“lucida pazzia”
Paronomàsia (bisticcio)

Consiste nell’accostare due o piú parole di suono simile (differendo per una o due lettere) ma significato diverso usate con l’intento di ottenere particolari effetti fonici e, insieme, rafforzarne la correlazione. È il procedimento base dei giochi di parole e degli scioglilingua: “Chi non risica non rosica”, “Chi dice donna dice danno”, “Sopra la panca la capra campa, sotto la panca la capra crepa”, “il troppo stroppia”.

Pleonàsmo

Aggiunta a un’espressione di parole non necessarie dal punto di vista sintattico.

Esempio:
Gina non lo sapeva, lei, di dover andarsene

Poliptòto ( polìttoto)

Ripetizione della stessa parola con mutamento di flessione o di funzione sintattica.

Esempio:
cred’io ch’ei credette ch’io credesse (Dante)

Polisìndeto

Ripetizione insistita di una congiunzione.

Esempio:
E mangia e beve e dorme e veste panni (Dante)

Zeugma (sillèpsi)

Ellissi che comporta il collegamento di due o più sostantivi a un aggettivo o a un verbo che logicamente si può riferire a uno solo di essi:

Esempio:
Parlar e lagrimar vedrai insieme (Dante)

Come è possibile vedere dagli esempi, solo una parte delle forme verbali risultano far parte del linguaggio corrente, mentre per altre forme verbali si deve ricorrere a linguaggi letterari di spessore.

Ritorna a “Logica”